PROPOSTE PER UN LAVORO SULLA DISLESSIA

 ( per la visione completa di testo ed esempi SFOGLIA oppure SCARICA )

dr. Giuliano Agostinetti, insegnante, rieducatore psicomotorio e psicoterapeuta
Si propone un metodo atto a migliorare le capacità di lettura in alunni con problematiche di dislessia, nella scuola dell'obbligo. Il metodo presentato si articola in schede raggruppate secondo le difficoltà affrontate. Attraverso il lavoro di spunta o di lettura su tali schede, seguendo le regole ed indicazioni via via esposte, l'allievo viene portato ad ottenere i risultati auspicati.
Gli esercizi proposti si riferiscono ad uno spettro abbastanza vasto di abilità e relative difficoltà, in quanto i fenomeni dislessici possono differire tra loro, dipendere da più cause, o quantomeno esprimersi attraverso modalità anche assai distanti l'una dall'altra.
In effetti, l'unico test dell'esame psicomotorio classico che appaia significativamente correlato nei risultati con la capacità di lettura sembra essere quello delle "strutture ritmiche". Anche in questo caso, tuttavia, non basta una semplice rieducazione psicomotoria delle capacità chiamate in causa da questo test per migliorare qualità e velocità della lettura.
La figura dell'insegnante è necessaria, ma ha solo una funzione di propositività e di controllo In tal modo il metodo si adatta alla reale situazione scolastica, in cui ogni insegnante è in grado di dedicare a ciascuno dei propri alunni, per un lavoro individualizzato, solo una frazione del proprio tempo. L'attivazione volontaria da parte dell'alunno è, s'intende, elemento imprescindibile: egli deve avere libera scelta se utilizzare o meno il metodo ed i suoi esercizi. In questo caso, come in molti altri, è necessaria una certa coscienza delle proprie difficoltà, nonché la volontà di superarle.
Infine, si ricorda che non tutte le cattive letture derivano da dislessia, e che una cattiva comprensione può dipendere da fattori intellettivi, per esempio, e non funzionali, così come la decifrazione può esser ostacolata da deficit percettivo - sensoriali, ecc.
Qui di seguito sono presentate, a titolo esemplificativo, alcune delle oltre cento schede, raggruppate per tipo di difficoltà; le accompagna un succinto commento, con l'indicazione, volta per volta, degli aspetti teorici e degli scopi che si intendono raggiungere. Il tutto, nel metodo definitivamente redatto, è destinato ad essere spiegato in profondità: qui si tratta solo di dare un'idea sintetica dell'insieme. ________________________
Un lavoro preliminare viene fatto attraverso un grande numero di schede in cui l'allievo viene invitato a riconoscere e sottolineare in mezzo a molte altre una o più lettere inizialmente proposte. Viene qui seguito (e variato) il metodo La Spisa - Sartori (Treviso 1979). Le differenze sono dovute ad un motivo teorico, in quanto, con Silvio Ceccato, si ritiene che non siano tanto le caratteristiche obiettive delle lettere ad essere confrontate e riconosciute, quanto le operazioni mentali - attenzionali fatte dal lettore. Pertanto viene favorita la coscienza di tali operazioni piuttosto che la ripetizione passiva, in modo da aumentare la sicurezza di lettura. (Rif: SCHEDE PRELIMINARI, da N°1 a .....)
________________________ Un secondo esercizio nasce dall'osservazione (Stanley, Sartori) che nei dislessici la permanenza sensoriale
visiva è maggiore che nei non dislessici: per tale motivo si crea una sovrapposizione nel lavoro analitico di riconoscimento di due o più lettere successive, poi di gruppi di lettere, interferendo così con la modalità sintetica evoluta di riconoscimento (si potrebbe anche ipotizzare che la maggiore permanenza dello stimolo dipenda da un continuo alternarsi dei due emisferi cerebrali nel guidare l'attenzione, in concomitanza con il fatto che nei dislessici l'emisfero sinistro, pur dominante per compiti linguistici, è pari al destro nei compiti di tipo spaziale; una difficoltosa o imperfetta alternanza nell'azione genererebbe confusione nei risultati. Possiamo inoltre, riferendoci a W: Holtzapfel - Widar ed. VE 2002 - ricordare che nel dislessico operano ancora le leggi organiche della specularità ma in ambito non adatto). Comunque sia, poiché il movimento verticale degli occhi è più lento di quello orizzontale, facendo leggere all'allievo le parole scritte in senso
1
verticale si evitano le sovrapposizioni di cui sopra (Drevillon). È così possibile una migliore analisi delle singole lettere e, conseguentemente, delle parole. Da qui in poi l'allievo non utilizza più la matita per l'esercizio.
ESERCIZIO A: parole singole verticali (si parte da lettere grandi nei primi esercizi, per rimpicciolire via via, avendo anche cura di aumentare gradualmente il numero di lettere per ogni singola parola). ATTENZIONE: è determinante per il metodo che sempre d'ora in poi si ponga la massima importanza alla perfetta esattezza del risultato, lasciando peraltro all'allievo tutto il tempo che vuole e che gli serve, mai sollecitandolo, insistendo anzi spesso con lui perché parli solo quando è sicuro di quanto va a dire. Poiché comunque in più casi non si potrà evitare che l'allievo talora sbagli, non si esiti ad essere severissimi su questo punto (si può addirittura arrivare a deboli punizioni, magari un po' scherzose, ma implacabili), perché mai come in questo caso la tolleranza e il buonismo del terapeuta portano al danno per l'ammalato. Rassicuriamo gli animi sensibili: ciò permette all'allievo di mettersi all'erta, rinforzando il proprio io di fronte al compito e all'insegnante, proprio per il fatto di avere a disposizione tutto il tempo che gli serve: quest'ultimo aspetto mette in primo piano il rispetto per l'io, piuttosto che sottolineare la richiesta esterna ed ansiogena di una prestazione che per ora è precoce (col risultato di danneggiare corpo eterico e corpo astrale).
________________________
(Da qui in avanti si sviluppano gli aspetti innovativi del metodo dovuti alla ricerca di Agostinetti)
La percezione dell'accento tonico in ogni parola è spesso incerta anche negli alunni considerati lettori discreti. In un dettato si è visto che molti allievi di prima media hanno posto l'accento tonico (in ciò consisteva l'esercizio) su vocali che non lo portavano, nonché su qualche consonante (!). Particolarmente difficile appare risalire da una parola scritta non conosciuta o non esistente su cui sia indicato l'accento tonico, alla sua pronuncia. Tale difficoltà aumenta grandemente nel dislessico, ed è in stretta relazione con i fallimenti al test delle strutture ritmiche. Appare infatti essere in gioco la stessa capacità di strutturazione temporale intorno a dei "centri di attenzione". Poiché persino il dislessico grave parla normalmente senza stravolgere gli accenti tonici, si potrebbe ipotizzare l'esistenza di una difficoltà specifica situantesi tra la decifrazione e la pronuncia: tuttavia spesso, posto di fronte a parola ignota, l'alunno può errare addirittura nella ripetizione della stessa dopo che l'abbia pronunciata l'insegnante. Senza per ora dilungarci nella discussione, sarà opportuno limitarci a prendere in considerazione i seguenti esercizi (in cui la partecipazione dell'insegnante è un poco più importante che nella media degli altri) atti a migliorare la discriminazione auditiva e la strutturazione temporo- spaziale (inoltre, ogni lavoro sull'accento non può che rinforzare lo spazio per l'io e le forze della volontà che lo assistono per le situazioni del secondo settennio - v. G. Agostinetti in ANTROPOSOFIA, 5-6 2003 e 1-2004).
ESERCIZIO B: parole singole verticali con accento tonico sempre evidenziato (con aggiunta "arbitraria" di sillabe alla stessa sillaba accentata; con l'accento in posizione tronca, piana, sdrucciola ecc.; con l'accento in posizione sbagliata: in tal caso l'allievo, ben avvertito, deve pronunciarlo dove è e non dove dovrebbe essere; essendo tale esercizio mediamente assai difficile per il dislessico, va graduato con grande misura e prudenza, ed appunto molte sono le schede dedicate a questo apprendimento). Nel caso, relativamente raro, di grosse difficoltà è utile educare l'orecchio del bambino con una lettura sillabica, in cui la vocale accentata viene resa dall'insegnante sdoppiandola chiaramente in una parte più acuta ed in una seconda più grave - o viceversa, se la situazione lo impone (interrogazioni, accenti acuti)- unite da un glissato continuo. Il risultato sarà una forma di canto-lamento, non elegantissimo, che però apporta una certa dose di umorismo. *v. es. G ________________________
ESERCIZIO C: parole singole verticali, ognuna preceduta dal relativo articolo determinativo (non occorre esemplificare). Si tratta del primo passo verso l'organizzazione del discorso, il quale si articola in gruppi di parole, per così dire, lette insieme, unite (così almeno nella pronuncia e nel pensiero), intervallate da pause che si riveleranno essere necessarie, importanti e non casuali.
2
Dopo questo si potrà ripetere l'esercizio A (e simili, v. B), ma stavolta facendo precedere ad ogni vocabolo (sono tutti sostantivi) l'articolo determinativo adeguato. Ove trovi scritto (in verticale) CANE, l'allievo leggerà IL CANE, ove PATATE, LE PATATE ecc.
L'esercizio ha più valenze. Da un lato dà una prima indicazione sulle capacità di comprensione (che per comodità abbiamo nettamente distinto qui da quella di decifrazione), in quanto solo l'aver compreso il significato di ciò che legge permette all'allievo di scegliere, per esempio, tra un articolo femminile plurale e uno maschile singolare nei casi di parole terminanti in E.
Ma l'esercizio stimola anche le capacità di integrazione del testo visibile, necessarie per una veloce comprensione, ed induce ad una certa presa di distanza (indipendenza critica, se si vuole) dal testo stesso. Si impedisce che l'integrazione, operando prima della comprensione, interferisca con questa causando errori.
L'esercizio non è difficile: permette al lettore di "prender tempo", dovendo pronunziare più fonemi di quanti grafemi debba decifrare. Abitua, infine, il lettore a non "incespicare" nelle parole, ed attendere di avere un'idea globale dell'enunciato ancor prima di emettere la voce: questo corrisponde esattamente all' "andare avanti con gli occhi" del buon lettore (esempio: il giornalista del Telegiornale deve aver già letto quello che dirà con gli occhi rivolti al pubblico).
Infine, sta alla volontà e alla sensibilità dell'insegnante, in rapporto alla situazione e all'età dell'allievo, l'eventuale aggiunta di esercizi in cui invece del semplice articolo venga premessa la corretta preposizione articolata a partire da IN, A, SU ecc ( cioè ALLA, NEL, SULLE e così via). Ciò può anche venire realizzato in un secondo momento, magari come ripresa.
________________________
ESERCIZIO D: gruppi di due parole in verticale. Si tratta di uno sviluppo dell'esercizio C. L'aspetto fondamentale dell'esercizio è che all'allievo deve venir chiesto di leggere le due parole come se fossero una sola. Esemplificando: Laspetto piuimportante dellesercizio ecc... È così che il bambino pensa e parla, è così che deve arrivare a leggere se non vuole perdere per strada il significato di quello che ha sotto gli occhi.
Si noterà che alcuni crederanno di risolvere il problema leggendo le due parole insieme più velocemente: è questo esattamente il momento di mostrar loro che non si tratta della stessa cosa! Si farà osservare con esempi che due parole possono venir legate in una anche leggendo molto adagio.
Nonostante in questa situazione la presenza dell'insegnante sia particolarmente significativa, è verosimile attendersi una pronta comprensione (pratica, più che teorica) di questo aspetto da parte dell'allievo: siamo insomma sempre nel normale ambito didattico non specialistico. L'allievo, non dimentichiamolo, deve rendersi conto di una cosa che già lui fa: non deve imparare nulla di nuovo, bensì applicare ad ambito diverso - ma simile!- cosa già nota, presente normalmente nel suo eloquio quotidiano. A questo punto ci si rende conto che è necessario l'aver già lavorato sull'accento, consistendo tuttora il problema nell'organizzazione di sempre più numerose lettere intorno ad un fulcro.
ESERCIZIO D: VARIANTE. Gruppi di tre parole. Tale variante verrà eseguita un po' più tardi, in quanto con essa viene di molto accentuato il ruolo di alcune facoltà più complesse: tra queste la memoria, la capacità di unire mentalmente parole percepite separatamente attraverso la vista, in quanto debordanti, nel loro insieme, dai limiti dell'unico "colpo d'occhio".
________________________
ESERCIZIO E: brevi frasi in verticale, nelle quali le parole sono chiaramente suddivise in gruppi di due (con un trattino, uno spazio vuoto più ampio, un cambiamento di colore o altro). Si sarà forse notato che caratteristica comune di moltissimi dislessici sia il "gettarsi ansiosamente" sulle parole brevi, in quanto più facili da leggere. In tal modo viene però ridotta od esaurita la disponibilità attenzionale. Come conseguenza, dopo aver letto più o meno correttamente queste parole, l'alunno si ferma, tanto più quanto più è lunga quella che segue. Il risultato è una lettura di questo tipo (evidenzio le pause con spazi vuoti): "Io ho visto il cane che
correva nel giardino". Ora, sfortunatamente per questi ragazzi, la lingua italiana, come molte altre, è strutturata in modo tale che, nel leggere come nel parlare, le pause logiche, i respiri, si trovano e si pongono dopo le parole "lunghe". È pertanto logico che, operando in modo opposto, come per aggrapparsi
3
continuamente all'appiglio più facile e vicino, il "discorso della lettura" venga a perdere di comprensibilità e confonda l'ascoltatore, certo, ma prima di tutto il lettore stesso.
Intendiamoci: perché una parola sia da considerarsi "lunga", non occorre che sia formata da un numero tot di lettere, bensì, con le debite eccezioni, che risulti più lunga sia di quella che precede che di quella che segue. In questi termini, anche una parola di quattro lettere è "lunga" (la casa è mia) mentre, viceversa, una di cinque o sei funge da breve in "lungo cammino" o "strano compromesso".
Perché l'italiano ha la tendenza (non la regola) a porre le pause del discorso prima di una parola più breve della precedente? Notiamo per prima cosa che articoli e preposizioni, i quali vengono uniti alla parola che segue, cui si "appoggiano", sono nella media molto più brevi che sostantivi, aggettivi e verbi. Ciò avviene per più di un motivo, ma il principale sta probabilmente nella loro maggiore frequenza (è più comodo che i vocaboli più usati siano anche i più brevi). Un discorso analogo vale per congiunzioni, avverbi, pronomi: appare così quasi una regola che la parola lunga, portatrice di maggiore informazione, venga di norma introdotta, in italiano, da una o più parole meno lunghe; dalle stesse, tendenzialmente, non è seguita se non dopo una pausa. La presenza di eccezioni, spesso più "grafiche" che sostanziali, non inficia l'asserzione suindicata, come ognuno può verificare leggendo un qualsiasi testo in lingua italiana. In inglese, dove, per esempio, di regola l'aggettivo precede il nome, non sarà proprio così, ma in italiano la tendenza assume addirittura valore semantico, per esempio quando l'aggettivo possa sia precedere che seguire il nome. Se "Un bambino buono" è diverso da "Un buon bambino", significa che è stata fatta una scelta semantica che prevale sulla detta tendenza. Comunque diciamo "Un cane rabbioso" e non "Un rabbioso cane" -- fermo restando che esiste una precisa spiegazione per ciascuna delle due scelte, e che in tale spiegazione la pausa che si pone tra bambino e buono trova adeguata giustificazione (v. in Agostinetti, D'immenso m'illumino, Campanotto editore UD).
Non è questo il luogo dove approfondire la questione. Semplicemente, l'allievo va invitato, con parole che si adattano alla sua possibilità di comprensione, a non fermarsi mai dopo le parole più corte, ma sempre dopo quelle più lunghe; questo precetto/consiglio apparentemente meccanico gli permetterà, nella lingua italiana, di leggere organizzandosi meglio, poiché egli è facilmente in grado di seguire tale prescrizione in quanto riconosce la lunghezza delle parole di primo acchito, cioè prima di averle lette, come qualità formale. E pazienza per quelle rare eccezioni in cui, all'inizio, la "regola" porterà a far peggio.
Sviluppi dell'ESERCIZIO E: l'esercizio D consisteva in "frasi" di due parole ciascuna, ovvero, in seguito, tre ciascuna. L'esercizio E spezzetta frasi di più parole in gruppi di due parole ciascuno. Il logico sviluppo di questo lavoro preparatorio consiste in esercizi che dividano la frase in gruppi di tre parole (ovviamente tramite frasi appositamente concepite). A ciò seguiranno gruppi misti di due, tre o quattro parole, sempre evidenziati. Quando, infine, anche l'evidenziazione verrà a cadere, l'alunno si trova di fronte a semplici frasi scritte verticalmente, nelle quali sarà egli stesso a decidere la formazione e la lunghezza dei gruppi, cioè la posizione delle pause, che saranno sempre, come ormai sappiamo, seguita da una parola più breve della precedente.
________________________
ESERCIZI F: gli stessi problemi relativi alla distribuzione e localizzazione delle pause, fondamentali per permettere di orientarsi nei confronti di un testo scritto, vanno affrontati, nel medesimo ordine, in esercizi scritti ora orizzontalmente anziché verticalmente. Pertanto, gli esercizi F non sono altro che la ripetizione dei D ed E in orizzontale. Addirittura, limitatamente alla prima frase di ogni scheda, si usa una frase eguale ad una di quelle verticali corrispondenti per difficoltà. Risulta evidente che, quando l'alunno sarà in grado di eseguire correttamente gli esercizi finali di questo gruppo, disponendo autonomamente ed istantaneamente le pause di un discorso scritto al giusto posto, il più del lavoro sarà già stato fatto, e la lettura apparirà già soddisfacente. È fondamentale, in questa fase, privilegiare la correttezza della divisione sulla comprensione, e più ancora sulla velocità, che sarà quasi ininfluente.
4
________________________
Gli esercizi A,B,C,D,E,F formano un gruppo a sé: il lavoro con tali esercizi procederà in parallelo a quello con altri. Gli esercizi che ora seguono vanno invece affrontati in momenti più definiti, in quanto affrontano specifiche difficoltà, non sempre presenti. Essi sono più specificamente rieducativi, piuttosto che, genericamente, educativi.
________________________
ESERCIZIO G (per l'accento): parole singole verticali portanti accento sbagliato. L'alunno dovrà prima leggere le parole come sono scritte, cioè "sbagliando", e poi nella maniera giusta. Egli viene informato che si tratta di accento sul posto sbagliato.
L'esercizio allena al rispetto dell'informazione visiva (un po' come le non-parole), impedendo che la memoria acustica svolga funzioni vicarie. Queste, utilissime a certi livelli, sono dannose finché l'analisi visiva non sia sufficientemente sicura.
L'esercizio non va proposto agli allievi delle tre prime classi elementari, e neanche più avanti, nei casi in cui possa ragionevolmente essere fonte di confusione e preoccupazione piuttosto che di curiosità e divertimento.
ESERCIZIO H: parole singole verticali tutte con l'accento sull'ultima sillaba; poi sulla penultima; poi sulla terz'ultima. Integra l'esercizio B.
________________________
ESERCIZIO I: parole singole verticali, come nell'esercizio B, da leggersi però con le seguenti modalità: 1) l'alunno deve dire AAAAAAAAA oppure MMMMMMMMM , cioè un suono continuo a bocca chiusa o a bocca aperta, in tutti i momenti in cui non pronuncia le parole dell'esercizio, e ciò in maniera continuativa. Vale a dire che questa specie di muggito potrà venire interrotta o da un respiro o direttamente dalla pronuncia delle parole da leggere. L'insegnante giudicherà se scegliere di volta in volta solo AAAAAAAAA o MMMMMMMMM o ambedue alternandole. 2) l'alunno deve, ad ogni parola scritta in verticale da leggere, farla precedere e seguire ogni volta dalle parole indicate nell'esercizio, scritte in orizzontale, che verranno lette ed imparate prima, a parte: il tutto senza pause, anche se "tranquillamente". Se possibile l'insegnante coprirà con l'aiuto di un cartoncino, o altro, la parola verticale in ogni momento in cui l'alunno dovesse tacere, fermarsi, e ciò sia in 1) che in 2).
Queste prove servono ad esercitare la lettura in coincidenza con l'emissione di suoni, abilità presente nel buon lettore, ma talora scarsa o assente nel dislessico. Vengono altresì esercitate capacità di concentrazione, dissociative ed attenzionali. Avviene talora che alcuni allievi siano disturbati dalla propria voce, o comunque limitati dalla scioltezza di lettura a causa di essa. Si dà anche che il riconoscimento della parola avvenga sulla base del suo suono, cioè su base auditiva piuttosto che visiva. In tutti questi casi è come se uno iato si ponesse tra l'operare attenzionale degli occhi e quello legato alla fonazione. Occorre fare attenzione che l'esercizio, questo come tutti gli altri, non divenga mai una "tortura", ma resti un gioco. Valgono dunque le stesse precauzioni che all'esercizio G.
________________________
ESERCIZIO L: parole inventate, cioè non-parole, singole, in verticale, poi in orizzontale. L'esercizio va eseguito con la prescrizione di leggere prima mentalmente in silenzio, poi pronunciare la parola tutta senza interruzioni, né esitazioni, e rispettando l'accento indicato. Questo esercizio è utile per il dislessico che faccia un uso frequente e inappropriato della capacità di integrare con una ipotesi di significato (integrazione semantica) la parola difficile da leggere (da decifrare!).
Esempio: leggere "professionale" al posto di "professorale", sulla base delle prime lettere e della forma globale della parola. Stesse limitazioni che agli esercizi G ed I. Sulla base delle non-parole possono essere utilmente rifatti molti degli altri esercizi: l'insegnante stesso può creare nuove schede.
5
Un caso particolare ed interessante delle non-parole è quando queste siano composte di sillabe tra loro uguali o molto simili, dal punto di vista visivo ovvero da quello acustico. In parole come nonimàmo o, ancor più, ililitìli, è evidente come la lettura si organizzi intorno all'accento. Somiglianze formali nel testo scritto mettono infatti maggiormente in gioco le capacità di strutturazione ritmica (organizzazione spazio-temporale attraverso una struttura ritmica). Tuttavia, per la loro potenzialità ansiogena e per il fatto che richiedono un certo retroterra culturale potendo esser vissuti come regressivi, anche questi esercizi abbisognano, e in misura ben maggiore, delle solite precauzioni.
________________________
ESERCIZIO M: frasi bicolori scritte orizzontalmente (rosso e nero). 1) una riga rossa e una nera 2) nella stessa riga ogni parola, ovvero ogni lettera può essere rossa o nera, a caso.
Si nota che il dislessico tende a leggere meglio la prima riga di ogni capitolo, se e in quanto preceduta da sufficienti spazi bianchi, in alto. Stessa cosa, a maggior ragione, per la prima riga di ogni pagina. Si ipotizza (nel rimanente testo non preceduto da spazio bianco) un'interferenza della riga superiore sull'attenzione, anche dovuta al fatto che la parte superiore delle lettere è la più significativa ai fini del loro riconoscimento. Trovando stampate una riga rossa ed una nera l'occhio è meno portato a dirigersi verso l'alto e la lettura scorre più facilmente in orizzontale, essendo più facilmente individuabile il percorso da seguire.
Nel caso 2) l'attenzione viene ri-destata dal continuo mutare del colore, cosa che oltretutto tende a meglio individuare una riga rispetto alla superiore o inferiore: ne risulta una facilitazione per il lettore lento. È possibile che simili risultati si possano ottenere alternando opportunamente caratteri diversi, dimensioni diverse ecc. (tecniche di interferenza). Variare il colore presenta il vantaggio di una pagina più vivace e piacevole, e dà anche l'opportunità di stimolare continui mutamenti nello stato di contrazione della pupilla, causa la differente luminosità dei due inchiostri. Si agisce per tale via anche su altri livelli di intervento, quali la mobilizzazione espressiva e lo stesso miglioramento delle capacità visive, che naturalmente possiamo solo ipotizzare, non avendo sperimentato in tal senso.
________________________
ESERCIZIO N: presa una pagina di un testo qualunque, l'allievo viene invitato a pronunciare la prima e l'ultima lettera di ogni riga (come suono, mmm, k, rrrr, p, ovvero come nome: emme, ci, erre, pi).
In tal modo si agisce contemporaneamente su più livelli, tra cui: 1) riconoscimento delle lettere fuori da un contesto ed affinamento delle capacità di discriminazione 2) allenamento al movimento dell'occhio in orizzontale e scalando riga dopo riga: ne deriva abitudine ad individuare ed isolare velocemente l'entità "riga" 3) mobilizzazione oculare e suo controllo 4) stimoli per l'attenzione e la memoria ecc. ecc. ________________________
ESERCIZIO O: varie schede di dettato; le istruzioni per l'insegnante vanno interpretate alla luce delle spiegazioni che qui precedono.
L'insegnante detterà dunque le parole a due a due, a tre a tre, poi, usando un qualunque testo adeguato all'età, dividendo le frasi in gruppi di due, tre o quattro parole. Il dettato di non-parole darà la misura delle difficoltà di discriminazione auditiva. Parole conosciute lette con l'accento sbagliato (solite limitazioni): l'allievo porrà l'accento dove lo ha letto l'insegnante, salvo correggere in un secondo tempo (usare solo parole ben note).
________________________
ESERCIZIO P: frasi con parole incomplete ma riconoscibili per il significato, il contesto ecc. Serve a stimolare le capacità di integrazione semantica del testo nel modo corretto (speculare all'esercizio L).

1 commento:

  1. Très intéressant car c'est un problème abordé seulement récemment dans les écoles.Beaucoup d'enfants furent rejetés du système scolaire faute d'être diagnostiqués.
    Merci pour cette méthode. Dommage qu'il n'y ait pas une version française!

    RispondiElimina